La confessione choc del famoso cantante Tiziano Ferro al magazine 7 del Corriere della Sera. “Ero un alcolista e volevo morire”.
Il docu-film “Ferro”
Il prossimo 6 novembre sarà pubblicato “Accetto Miracoli: l’esperienza degli altri”, il primo album di cover di Tiziano Ferro, in cui il cantante di Latina reinterpreta 13 brani di diversi cantautori italiani che sono stati per lui fonte di ispirazione.
Simultaneamente su Amazon Prime Video uscirà il docu-film “Ferro”, in cui il cantante si racconta senza remore, parlando dei momenti difficili e bui della sua vita. Un documentario che non ha un intento autocelebrativo, ma che, al contrario, mostra il lato fragile dell’artista.
Nell’introduzione del documentario che ripercorre le tappe della sua carriera e mette a nudo il suo dolore, Tiziano Ferro spiega di aver voluto raccontare la sua storia anche per essere di aiuto agli altri: “Ho sempre pensato che dietro ogni storia di dolore si nascondessero il privilegio e il dovere morale di poter aiutare qualcun altro. La mia storia me lo insegna e ogni volta che ho consegnato alla gente le mie cicatrici, si sono sempre trasformate in soluzioni. Ferro per me è questo, un altro tassello alla luce dei miei 40 anni. Un po’ storia, un po’ diario, un po’ terapia, un po’ testamento. Di certo celebrazione di un sogno”.
Intanto, attraverso una toccante lettera pubblicata oggi sul magazine 7 del Corriere della sera, il noto cantante ha anticipato i contenuti del documentario: “Ero un alcolista e volevo morire”, ha confessato.
La lettera choc di Tiziano Ferro
Tiziano Ferro si è confessato in una lunga ed emozionante lettera apparsa sul magazine 7 del Corriere della sera in cui ripercorre i momenti più delicati della sua storia personale.
“Non sono mai stato il primo della classe, ero anonimo, non bello, per niente atletico, anzi grasso, timido, i ragazzi mi chiamavano ciccione, femminuccia, sfigato – si legge in un passaggio della lettera– Aspettavo che qualcuno intervenisse per difendermi, ma non succedeva mai. Vivevo perennemente frustrato, incazzato e anche umiliato. Poi ho cantato per la prima volta e il mondo è cambiato. La musica era l’unica cosa che avevo, un canale per esprimermi in un mondo nel quale non mi riconoscevo”.
Poi la confessione choc: “Una sera la band mi convinse a bere. E da lì non mi sono fermato più. Bevevo quasi sempre da solo, l’alcol mi dava la forza di non pensare al dolore e alla tristezza, ma mi portava a voler morire sempre più spesso. Ho perso occasioni e amici. Io ero un alcolista! L’alcolismo ti guarda appassire in solitudine, mentre sorridi di fronte a tutti”, ha raccontato l’artista tornando con la mente a quando aveva 34 anni.
“Mi svegliavo la mattina dopo con il telefono pieno di sms di gente che avevo incontrato e a cui avevo promesso qualcosa, che neanche ricordavo”, si legge in un altro passaggio della lunga lettera scritta dal cantante.
“L’alcol, come qualsiasi altra dipendenza, ti butta giù ma dal punto più alto ed eccitante. Diventi migliore sapendo di essere la versione peggiore di te stesso – ha scritto ancora l’artista – È come barare a poker. Lo sai, vinci e te ne freghi, ma poi non hai vinto, non sei un campione, sei un baro. E ogni notte pensavo: da domani ricomincia la guerra. La guerra a immaginarmi nel mondo senza l’alcol, a immaginarmi tra la gente senza bere ma senza sottrarmi. Perché avvicinarmi mi richiedeva quella fuga, quella bombola d’ossigeno per sentirmi «all’altezza». Per evitare di bere dovevo evitare le persone. Non c’erano buone ragioni, solo tante scuse”.
“Alcolista, bulimico, gay, depresso, famoso. Pure questo, famoso, mi sembrava un difetto, forse il peggiore”, confessa il cantante.
Infine, sull’uscita dal tunnel dell’alcolismo ha raccontato: “I gruppi di recupero mi hanno aiutato a ricordare che amare la vita è una possibilità concreta, anche per noi «dimenticatori seriali». E con la sobrietà ho recuperato la memoria, la vista anche, di certo il mio rapporto con la spiritualità, e non parlo di religione”.
“Mi sono ripreso il Dio che mi avevano spiegato da bambino – ha proseguito – Il Dio che è sempre stato lì. L’avevo parcheggiato da qualche parte nella memoria insieme alle parole dei preti più devoti, quelli che mi parlavano di Gesù profeta di uguaglianza e di misericordia, quelli che mi raccontavano le lacrime di Maria disperata davanti al figlio crocifisso. Dio per me era quello. Quindi prego, prego affinché la vita vada dove vuole. Non metto in piedi una negoziazione con Dio, chiedo soltanto di trovare la forza di affrontare ogni situazione, per come arriverà. Poi tutte le opzioni mi piacciono, vanno tutte bene. E quando accetto le infinite possibilità della vita mi sento in qualche modo vincente in partenza, ogni mattina”.
“Quindi – ha concluso – non bevo. Non bevo per me e basta. Non bevo perché accetto la vita, non bevo perché se non bevo vivo meglio anche nella difficoltà, nell’angoscia, tutte quelle situazioni che rimarrebbero comunque tali. Non bevo perché non ho più bisogno di anestetizzare niente. Ho deciso di provare cordoglio, fastidio, sdegno, disincanto ma anche piacere, gioia, euforia, esaltazione, delirio. Perché abbandonarsi a sentimenti fasulli e a sensazioni fittizie è la morte, prima dell’anima e poi anche del corpo. È questa la morte da alcolismo”.
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