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Pigrizia: cos’è e a cosa è dovuta?

Capita a tutti di farsi prendere dalla pigrizia e rinviare compiti e attività che potrebbero essere fatti nell’immediato. Ma cosa significa essere pigri e da cosa dipende la pigrizia?

Capita a tutti di farsi prendere dalla pigrizia e rinviare compiti e attività che potrebbero essere fatti nell’immediato. Ma cosa significa essere pigri e da cosa dipende la pigrizia?

La pigrizia viene spesso considerata come qualcosa di negativo, ma cosa si nasconde dietro quest’atteggiamento? Approfondiamo insieme cos’è la pigrizia e a cosa è dovuta.

Che cos’è la pigrizia?

La pigrizia viene definita come “la riluttanza a svolgere un’attività o a fare uno sforzo nonostante si abbia la capacità di agire o di sforzarsi”. La persona pigra è dunque colei che tende ad evitare di fare una certa attività nonostante possieda le abilità per portarla correttamente a buon fine. In sostanza, dicono gli esperti, è pigro un individuo che tende a risparmiare energie e a concentrarsi sulle ricompense immediate.  Qualsiasi comportamento che non comporta una gratificazione istantanea viene percepito dal nostro cervello come inutile.

Per gli esperti di psicologia non si tratta di un disturbo e nemmeno di un ben preciso tratto della personalità. Non esistono manuali di psicologia che contengono la voce “pigrizia”. Si tratta piuttosto di un antico meccanismo di difesa psicologica.

A cosa è dovuta?

Secondo gli scienziati, la pigrizia è innanzitutto un problema di volontà. Alcuni ricercatori hanno trovato la causa nel cervello: chi esita o manca di volontà avrebbe uno squilibrio nei valori di dopamina in alcuni circuiti cerebrali. La dopamina è un neurotrasmettitore che influenza la motivazione ad agire.

Stando alle ricerche di un gruppo di esperti della Vanderbilt University (Stati Uniti) sarebbe la quantità di questa sostanza chimica in tre regioni del cervello a determinare una maggior propensione all’azione o una maggior tendenza a procrastinare, ovvero a rimandare lo svolgimento di un’attività.

Lo studio

I ricercatori hanno scansionato il cervello di 25 giovani adulti volontari sottoposti a un test per vedere quanto fossero disposti a lavorare per una ricompensa in denaro e hanno scoperto che le persone più laboriose avevano un’alta quantità di dopamina in due aree del cervello: striato sinistro e corteccia prefrontale ventromediale, che svolgono un ruolo importante nella ricompensa e nella motivazione. Viceversa, presentavano bassi livelli di dopamina nell’insula anteriore, ovvero quella regione legata alla percezione del rischio.

Gli scienziati sono dunque giunti alla conclusione che esistono alcune persone che si concentrano maggiormente sulla grande ricompensa che potrebbero ottenere e riducono le possibili perdite di energia e tempo; altre, invece, sono più caute nel correre un rischio e spendere energia extra per una ricompensa improbabile, ma più grande. Queste ultime finiscono per apparire più pigre.

Altri fattori responsabili della pigrizia

La mancanza di motivazione è il più importante fattore responsabile della pigrizia, ma non è l’unico. La pigrizia, e dunque la mancanza di volontà, potrebbe derivare da una perdita del senso di autoefficacia, ovvero la convinzione che se ci applicassimo a fare qualcosa otterremmo un buon risultato. Inoltre, esistono persone che hanno bisogno dell’appoggio di altre persone (familiari o amici) per convincersi di essere in grado di poter fare qualcosa e dunque trovare motivazione.

La mancanza di autostima non aiuta a sviluppare l’autodisciplina, che è ciò che ci aiuta ad arrivare a un obiettivo.

La sfiducia in sé, accompagnata dalla paura del fallimento, ovvero dal timore di non avere abbastanza forza emotiva per superare una sconfitta, rientra dunque tra i fattori determinanti la pigrizia.

Alcune persone che appaiono pigre sono in realtà persone che non hanno fiducia in sé stesse e sono bloccate dalla possibilità del fallimento e dal giudizio altrui.

Cosa vincere la pigrizia

Un primo passo per vincere la pigrizia è fare un’auto-diagnosi, ovvero interrogarsi sulla propria autostima, sulle proprie capacità e doti, riformulare il concetto di fallimento e successo, comprendere i motivi che conducono ad avere timore del giudizio altrui e osservare il proprio campo d’azione facendo una mappa di quello che si ha voglia di fare. Fissate dunque obiettivi e ricompense gratificanti anche a breve e medio termine, che fungano da incentivo all’azione.

Potrebbe risultare utile anche consultare un terapeuta che possa aiutare nella scoperta di sé stessi e delle proprie vulnerabilità.

fonte immagine: https://pixabay.com/it/photos/ragazza-dormire-sdraiati-cane-1733352/

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