Esistono diversi sintomi provocati dal Covid-19, molti dei quali non necessitano di ospedalizzazione. Per questo sta per nascere un documento per curarsi a casa.
La paura che nasce in chi è affetto da Covid-19 deriva anche dall’incertezza su una cura specifica e sul fatto che non esiste un protocollo della gestione domiciliare dei pazienti Covid-19. Per questo motivo, è in corso la stesura di un documento per la “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SarsCov2”. Alla stesura del documento sta lavorando anche Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità. Il documento, prima di divenire definitivo, riceverà anche il parere delle organizzazioni dei medici di medicina generale e della Federazione degli ordini dei medici. Il documento è ancora in bozza, ma già si conoscono gli eventuali contenuti.
I pazienti che restano a casa
I pazienti affetti da Covid-19, che possono ricevere cure casalinghe, sono coloro che presentano sintomi lievi, la cui infezione da Covid-19 sia confermata da analisi di laboratorio. La malattia, infatti, può avere un decorso lieve se il paziente ha febbre ma assenza di dispnea, quindi difficoltà respiratorie, e di alterazioni radiologiche. Molta attenzione deve essere riservata agli anziani e agli immunodepressi, i quali possono presentare sintomi differenti e più seri.
I livelli di malattia
Abbiamo imparato che il Covid-19 si manifesta in varie maniere. Per casi lievi si fa riferimento alla presenza di febbre minore di 37.5°C, malessere, tosse, assenza di dispnea, faringodinia, congestione nasale, cefalea, mialgia, diarrea, disidratazione, alterazione dello stato di coscienza. La malattia è classificata moderata se il malato presenta la polmonite e la saturazione è vicina ai valori di soglia. Viene definita severa se l’ossigenazione è al di sotto della soglia, la frequenza respiratoria è alta e si riscontrano infiltrazioni polmonari. Infine, è critica se si presentano insufficienza respiratoria, choc settico e insufficienza di altri organi. Ovviamente è il medico di base a stabilire se il paziente può restare a casa o deve ricevere le cure in ospedale e lo stesso vale per le cure da mettere in atto.
I medicinali che non vanno usati
L’Aifa ha sospeso l’utilizzo di idrossiclorochina, un farmaco utilizzato per combattere la malaria e l’artrite reumatoide e il lupus. L’agenzia italiana del farmaco ha provato l’assenza di ogni beneficio clinico associato al trattamento anti-Covid-19 e, in alcuni casi, effetti collaterali anche gravi e potenzialmente letali per il paziente. Gli antibiotici, di norma, vanno evitati. Se la febbre dovesse persistere oltre le 72 ore e si sospetta anche un’infezione batterica, allora il quadro cambia. Viene esclusa la somministrazione di farmaci tramite aerosol per il rischio di contagio se il soggetto è in isolamento con altri conviventi. Per le vitamine e gli integratori alimentari non ci sono evidenze scientifiche della loro efficacia, quindi se ne sconsiglia l’utilizzo.
Quali farmaci usare e come
Il paracetamolo è il farmaco per gli asintomatici o paucisintomatici in caso di sintomi febbrili. Gli antinfiammatori vengono somministrati solo se il quadro clinico inizia ad aggravarsi. Il cortisone va somministrato solo in emergenza per evitare di mandare in sovraccarico il sistema immunitario. È bene mantenere una buona idratazione e nutrizione e di non modificare le terapie in corso per malattie croniche, al fine di evitare di provocare aggravamenti delle condizioni pre-esistenti. L’eparina va somministrata solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto.
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