Dal 18 agosto è scattato lo stop al blocco dei licenziamenti, come ha stabilito l’ultima ordinanza approvata nel Decreto Agosto. Vediamo chi può essere licenziato e chi no.
Nel decreto sono previste tre eccezioni per le quali un datore di lavoro può legittimamente interrompere il rapporto di lavoro con un proprio dipendente. Di fatto, il divieto di licenziare il personale è diventato flessibile. A seguire le tre situazioni (oggettive) per cui il licenziamento non è più vietato.
I tre casi in cui il datore di lavoro può licenziare il dipendente
Il primo caso ha per oggetto la cessazione definitiva dell’attività dell’azienda. Dunque, se un’impresa ha cessato in modo definitivo la propria attività e ha messo in liquidazione la società, è libera di avviare la procedura attraverso la quale licenziare uno o più dipendenti, senza per questo infrangere il blocco dei licenziamenti adottato poche settimane dopo l’arrivo della pandemia in Italia.
La seconda eccezione prevista dal Decreto Agosto riguarda l’incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro. Questo secondo caso deve essere preceduto da un accordo con il singolo dipendente o tramite un accordo collettivo aziendale. A tal proposito, bisogna comunque sottolineare che il lavoratore può anche rifiutarsi di firmare l’accordo. Chi, invece, accetta la proposta di fine rapporto, ha diritto a beneficiare della Naspi.
La terza e ultima eccezione prevista riguarda il fallimento dell’impresa con conseguente cessazione dell’attività. Occorre fare una precisazione anche su quest’ultimo punto: il licenziamento è lecito quando non è fissato l’esercizio provvisorio, mentre è vietato mandare a casa quei dipendenti occupati nei rami aziendali non interessati dalla cessazione dell’attività.
Altri tre casi
I primi tre casi di licenziamenti elencati qui sopra sono quelli ufficiali, previsti cioè dal Decreto Agosto. Ce ne sarebbero però almeno altri tre, secondo quanto riportato dalle principali testate giornalistiche, che a loro volta citano i commentatori della norma. Il primo caso prevede il licenziamento legittimo quando scadono le 18 settimane della cassa integrazione. Il secondo, invece, riguarda il termine dei 4 mesi di esonero contributivo, dopo il quale il datore di lavoro può interrompere forzatamente il rapporto di lavoro. Infine, la terza situazione portata all’attenzione ha per oggetto il cambiamento di organico all’interno di un’impresa che ha come conseguenza diretta la chiusura definitiva di un ramo aziendale. Anche in questi tre casi, dunque, i titolari di un’azienda sono liberi di licenziare uno o più personale del proprio organico di dipendenti.
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