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Riuso e riciclo: cosa sono e che differenza c’è?

Riuso e riciclo sono due principi dell’economia circolare che spesso vengono erroneamente usati come sinonimi. Vediamo insieme le differenze.

Riuso e riciclo sono due principi dell’economia circolare che spesso vengono erroneamente usati come sinonimi. Vediamo insieme le differenze.

Riuso e riciclo sono due pilastri dell’economia circolare, in quanto entrambi mirano a ridurre l’utilizzo di materie prime e limitare l’inquinamento. Tuttavia, è importante fare una distinzione tra i due termini in quanto, soprattutto negli ultimi tempi, non vengono usati in modo appropriato oppure vengono confusi tra loro.

L’economia circolare e i suoi punti cardine

L’economia circolare è un modello economico che punta a mantenere il flusso dei materiali il più a lungo possibile, trasformando gli scarti in materie prime seconde per la produzione di nuovi prodotti, al fine di salvaguardare il pianeta garantendo uno sviluppo sostenibile che soddisfi sia le esigenze della generazione attuale che di quelle future.

Questo modello che cerca di estrarre meno risorse naturali, limitare l’inquinamento, ridurre le emissioni di anidride carbonica e contrastare il cambiamento climatico, si basa su cinque principi cardine (le 5R): riduzione, riuso, riciclo, raccolta e recupero. Il concetto di riduzione consiste nella concreta diminuzione all’origine dei rifiuti, sia nel quotidiano, a livello del singolo cittadino, che in ambito politico attraverso l’adozione di opportune linee decisionali e giuridiche. Riguarda principalmente i produttori di packaging. Il nuovo Regolamento europeo sugli imballaggi prevede che questi debbano essere più snelli e risparmiare materia non necessaria.

Il recupero, invece, si riferisce a quegli impianti che producono energia bruciando i rifiuti o sfruttando la decomposizione. Tra le 5R, questa è considerata la meno sostenibile a livello ambientale, anche se più proficua di una discarica.

La raccolta si riferisce alla differenziazione dei rifiuti fatta dai cittadini che ha l’obiettivo di ridurre il volume finale dei rifiuti destinato alle discariche e il risparmio di materie prime ed energia.

Per quanto riguarda riuso e riciclo, si tende a fare un po’ di confusione. Entrambi mirano a ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti e a conservare le risorse naturali, ma sono due concetti differenti. Vediamo perché.

Riuso e riciclo: qual è la differenza?

Riuso e riciclo sottendono una differenza semantica, ma anche di modalità di approccio e applicazione. La distinzione sta quindi non tanto nello scopo ma nel modo e nella tempistica dell’azione oltre che nel diverso impatto ambientale.

Il riuso consiste nel riutilizzare un oggetto o un materiale non ancora diventato rifiuto o scarto, senza però modificarne la forma o la funzione originaria. Riutilizzando qualcosa abbiamo la possibilità di non far terminare il ciclo della sua vita e, dunque, evitare che finisca in discarica.

Il riciclo, invece, prevede la trasformazione di un materiale in un altro. L’oggetto originario viene dunque trasformato in qualcosa di nuovo, simile o molto diverso a ciò a cui era servito originariamente. I processi di riciclo variano a seconda del materiale. La forma di riciclo più nota è il compostaggio, che può avvenire a livello domestico o industriale. Quello domestico può essere fatto autonomamente da chiunque abbia a disposizione lo spazio per installare una compostiera dove conferire esclusivamente rifiuti organici (meglio ancora se solo frutta e verdura). Nel compostaggio industriale, invece, potranno essere conferiti anche i prodotti certificati compostabili come alcune stoviglie monouso, piatti e bicchieri. In entrambi i casi, grazie al processo di compostaggio, è possibile produrre dell’ottimo fertilizzante. Dall’impianto industriale si potrebbe trarre anche biogas e quindi biometano.

Tra riciclo e riuso, di solito, la soluzione più sostenibile è il riuso perchè implica un’azione immediata e consente di conservare l’energia e le risorse utilizzate per la produzione originaria dell’oggetto o del materiale. Inoltre, mentre il riciclo comporta una serie di passaggi che devono essere attuati da diversi soggetti (ad esempio chi raccoglie, chi si occupa del riciclo, chi utilizza la materia prima seconda); per riutilizzare un oggetto può bastare una persona.

Anche il riciclo, però, può diventare sostenibile se viene effettuato in modo efficiente e se utilizza tecnologie che permettono di recuperare l’energia e le risorse in modo efficace. Bisogna prestare attenzione all’impatto ambientale di entrambe le pratiche e scegliere la più adeguata in base alle circostanze specifiche.

Riuso e riciclo, vantaggi e svantaggi

Riuso e riciclo hanno entrambi i propri vantaggi e svantaggi. Spesso la scelta tra i due dipende dalle tecnologie disponibili e dai costi. Il riuso di un prodotto risulta più sostenibile dal punto di vista ambientale, ma il riciclo può essere più conveniente economicamente.

Riutilizzare un materiale comporta diversi vantaggi, permette infatti di ridurre le tonnellate di detriti che finiscono nelle discariche o negli inceneritori limitando così l’esigenza di materie prime, azzerando il trasporto, il trattamento delle materie prime e prevenendo l’inquinamento grazie ad un considerevole risparmio di energia.

Riciclare, invece, permette di riutilizzare materiali di scarto o di rifiuto di precedenti processi produttivi trasformandoli in nuovi beni.

In Italia, l’industria del riciclo è in costante crescita. Secondo l’ultimo report del 2022 della Fondazione Sviluppo Sostenibile, nel nostro Paese è stato trasformato il 72% dei rifiuti, che ha coinvolto 3.800 imprese, 236.365 occupati e un valore aggiunto di 10,5 miliardi di euro. Il tutto, però, non senza emissioni di CO2. Lo svantaggio del riciclo sta proprio nel fatto che può generare impatti ambientali negativi, come ad esempio l’emissione di gas serra durante il trasporto dei rifiuti o l’utilizzo di sostanze chimiche durante i processi di riciclo.

Al contrario, il riuso è più sostenibile dal punto di vista ambientale e può contribuire a creare occupazione e a sviluppare l’economia locale. Inoltre, può essere più facile da implementare a livello individuale, al contrario del riciclo che spesso richiede la creazione di sistemi di raccolta e lavorazione dei rifiuti a livello comunale o nazionale.

Scontro Italia-Commissione Ue

Ad ogni modo, entrambi sono argomenti molto discussi. Il dibattito riguarda soprattutto gli imballaggi monouso. Negli ultimi 10 anni, infatti, la produzione di rifiuti da imballaggio è aumentata del 20% in Europa. Pertanto, al fine di ridurre la quantità di rifiuti, la Commissione Europea ha proposto un nuovo regolamento per promuovere l’uso di opzioni e sistemi di riuso.

Dal primo gennaio 2030, ad esempio, il 20% degli imballaggi per bevande calde o fredde da asporto dovrà essere fornito in contenitori riutilizzabili che ne consentono il riempimento. La prima bozza del regolamento diffusa ad ottobre prevedeva come obiettivo il 30%. A causa del malcontento dei produttori e riciclatori di imballaggi monouso, però, è stato ridotto al 20%.

Alcune aziende del settore degli imballaggi monouso (usa e getta), soprattutto quelle italiane, sono infatti contrarie alle scelte a favore del riuso perché pensano che danneggi il riciclo.

Nel 2021, in Italia è stato riciclato il 73% degli imballaggi raccolti. Si è dunque superato l’obiettivo dell’Unione Europea del 65% entro il 2025.

Sebbene il vicepresidente della Commissione Europea abbia sottolineato che riuso e riciclo non sono in competizione, ma possono coesistere, è scontro con Confindustria, che ha definito il regolamento della Commissione Ue inaccettabile e basato su un approccio ideologico, soprattutto in termini di costi e posti di lavoro.

Per la costruzione di impianti di riciclo e raccolta differenziata, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano stanzia circa 2,1 miliardi di euro.

La Commissione di Bruxelles, invece, spinge per il riuso all’insegna delle filiere corte e a chilometro zero di “Farm to Fork”, grazie alle quali sarà possibile creare sistemi alimentari sostenibili, riconoscendo il forte legame che c’è tra salute delle persone, delle società e del pianeta. L’obiettivo è quello di ridurre i rifiuti da packaging del 15% entro il 2040 in ciascun paese.

Smaltire beni potenzialmente riparabili, secondo i dati diffusi dalla Commissione Europea, produrrebbe ogni anno 35 milioni di tonnellate di rifiuti che si traducono in oltre 12 miliardi di euro di perdite e circa 260 milioni di sostanze che contribuiscono a generare alterazioni a livello globale del clima della terra, i cosiddetti gas climalteranti.

L’Italia la pensa diversamente. “Grazie alla trasformazione dei rifiuti nel 2021 l’Italia ha recuperato 285 mila tonnellate di acciaio, pari a 739 treni Frecciarossa, 16 mila tonnellate di alluminio che equivalgono a 1,5 miliardi di lattine e un milione 796 mila tonnellate di vetro, pari a 5 miliardi di bottiglie di vino”, ha dichiarato Luca Ruini, presidente di Conai nel triennio 2020-2022.

fonte immagine: https://pixabay.com/it/photos/bottiglie-riciclo-plastica-scultura-2324335/

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