Il governo sarebbe al lavoro su un nuovo provvedimento per innalzare al 70% la quota di dipendenti pubblici in smart working.
Durante la conferenza stampa di domenica sera, nel corso della quale ha illustrato i punti salienti del nuovo Dpcm, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fatto accenno anche allo smart working, parlando di una “spinta massima” al lavoro agile. Con riferimento a un prossimo dpcm sullo smart working per i dipendenti pubblici, il premier ha detto: “Incrementeremo con un provvedimento del ministro Dadone lo smart working”.
Lo smart working costituisce un ottimo sistema per ridurre i contatti e si è dimostrato utile per arginare i contagi da Coronavirus.
Pertanto, al fine di ridurre gli spostamenti e il rischio di contagio, il governo starebbe pensando ad un nuovo provvedimento per portare al 70% la quota dei dipendenti pubblici in smart working, ovviamente se il tipo di mansione svolta è compatibile con questa modalità. L’intento è quello di incentivare lo smart working anche al settore privato che, in verità, già da tempo si è mosso in questa direzione. Basti pensare che diversi impiegati di banche e uffici stanno lavorando da casa già da un po’.
La richiesta delle Regioni e la risposta della Dadone
Le Regioni avevano chiesto di innalzare la percentuale dello smart working al 70% nella Pa: “Riorganizzare laddove possibile i tempi dei servizi e delle città. Estendere ovunque possibile il ricorso allo smart working, fino al 70%, a partire dalla Pubblica amministrazione per i lavoratori non impegnati nella gestione delle emergenze”, questa la richiesta delle Regioni.
Intanto la ministra della Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, ha annunciato in un post che è previsto un decreto ministeriale della Funzione Pubblica che promuoverà l’attuazione dello smart working nelle amministrazioni pubbliche:
“Il provvedimento – ha spiegato la ministra della PA – servirà ad accompagnare la modulazione e la strutturazione del lavoro agile tenendo in conto le molteplici esigenze dei territori e dei diversi enti”.
“La dinamica preoccupante dei contagi – si legge nel post che la ministra ha scritto sul suo profilo Facebook – chiede un ulteriore impegno all’Italia e le Pubbliche amministrazioni sono chiamate a dare il loro contributo. In una fase pandemica ancora difficile come quella attuale, è normale e fisiologico vedere e voler utilizzare lo smart working quale strumento di contrasto alla diffusione del virus”.
“Tuttavia – ha concluso la Dadone – non possiamo prescindere dalle capacità organizzative delle singole amministrazioni, che non sono tutte uguali, e dalla necessità di rendere i servizi ai cittadini e soprattutto alle imprese che, ricordiamolo sempre, a differenza della primavera scorsa non sono in lockdown. Ecco perché abbiamo deciso di muoverci nel solco di quanto già stabilito dal Dpcm del 13 ottobre, che a sua volta conferma in sostanza l’impianto delle nostre norme risalenti al decreto Rilancio”.
Smart working, cosa cambia
Per capire quali sono le novità in materia di smart working e cosa cambia per i dipendenti, anche quelli privati, bisogna attenersi al testo del 13 ottobre firmato dal presidente del consiglio Giuseppe Conte e dal ministro Speranza che il dpcm del 18 ottobre ha modificato e integrato.
Nel dpcm, alla voce “smart working” per i dipendenti privati e i professionisti si leggono solo semplici “raccomandazioni” a limitare gli spostamenti per finalità lavorative e incrementare la quota di smart working:
“In ordine alle attività professionali si raccomanda che esse siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza; siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva; siano assunti protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di almeno un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale; siano incentivate le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali”.
Prorogato fino al prossimo 31 dicembre, invece, lo smart working per il 50% dei dipendenti della Pubblica Amministrazione con mansioni che possono essere svolte da casa.
Per quanto riguarda i lavoratori disabili, i datori di lavoro dopo il 15 ottobre “possono stipulare accordi aziendali con le rappresentanze sindacali aziendali (RSA/RSU) o territoriali che disciplinino il ricorso allo smart working, prevedendo priorità di accesso ai lavoratori con handicap o che assistano familiari in tali condizioni“.
Per quanto riguarda il capitolo “genitori e smart working”, vale quanto disposto dal decreto legge 111/2020 entrato in vigore il 9 settembre e trasformato in legge ed entrata in vigore il 14 ottobre: possono ricorrere allo smart working o a un congedo indennizzato (al 50% delle retribuzione) solamente i genitori, lavoratori dipendenti, di figli al di sotto dei 14 anni messi in quarantena dall’Asl a seguito di un contagio, avvenuto a scuola, con una persona positiva al Covid.
Queste norme valgono fino al 31 gennaio, quando scadrà lo stato di emergenza sanitaria.
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