Il 23 aprile scade la proroga dei contratti dell’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) con quasi tutti gli identity provider, i fornitori privati di Spid. Cosa accadrà ora?
Spid, a fine aprile scadono le convenzioni con i provider
A fine aprile scadranno le convenzioni coi provider accreditati che offrono il servizio Spid. Per poter continuare a garantire il servizio i gestori stanno chiedendo allo Stato maggiori garanzie, soprattutto di tipo economico. Il problema principale per loro, infatti, sono soprattutto i costi da sostenere per un sistema così vasto e capillare, ad oggi adottato da 33 milioni di cittadini e 12 mila Pubbliche Amministrazioni. Le spese sono ingenti e il governo non ha ancora creato le condizioni per far sì che i privati adottassero lo Spid e creassero flussi di cassa per le aziende che gestiscono questo servizio.
Al fine di trovare un accordo per garantire il proseguimento del servizio Spid sono in corso incontri e tavoli tra Agid e provider. Cosa potrebbe dunque accadere nei prossimi mesi?
Gli scenari possibili
Viene dunque spontaneo chiedersi cosa succederà dopo il 23 aprile, data di scadenza delle convenzioni con i provider accreditati.
La prima ipotesi è che il governo vada incontro alle richieste dei provider e rinnovi le convenzioni per garantire il proseguimento del servizio, almeno fino a quando non deciderà di eliminare definitivamente Spid – come già annunciato – per lasciare il posto a un solo strumento come accesso a tutti i servizi della PA.
La seconda ipotesi, quella più accreditata, è che si arrivi ad un accordo per un’ulteriore proroga fino a giugno, al fine di avere più tempo per negoziare le nuove condizioni economiche necessarie al proseguimento del servizio.
Lo scenario peggiore, e al momento meno probabile, è che non si raggiunga un accordo tra le parti e che, dunque, dal 23 aprile cessi definitivamente il servizio Spid. In tal caso, per accedere a molti servizi della Pubblica Amministrazione i cittadini dovrebbero utilizzare soltanto la Cie (Carta d’Identità elettronica).
Ipotesi, quest’ultima, scongiurata dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, che apre a una soluzione condivisa: “Dopo otto anni di richieste inascoltate da parte di Assocertificatori e dei privati impegnati in Spid, questo è il primo governo con le idee molto chiare in materia di identità digitale, che apre al dialogo con i privati”, ha dichiarato il sottosegretario nel corso di un primo incontro con Assocertificatori, ribadendo di “non avere alcuna intenzione di disperdere l’esperienza e il patrimonio innovativo del Sistema Pubblico dell’Identità Digitale (Spid), ma la volontà di evolvere e migliorare i sistemi italiani di identità digitale, in linea con il quadro europeo di riferimento”.
“Il processo di razionalizzazione delle identità digitali proseguirà pertanto in modo condiviso tra il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio, i soggetti istituzionali e gli stakeholder coinvolti, nel migliore interesse dei cittadini”, ha aggiunto.
Nella serata di giovedì 23 febbraio il sottosegretario Butti ha poi fatto sapere che dalla prossima settimana convocherà i gestori d’identità digitale “per avviare un momento di ascolto e confronto volto a delineare gli scenari futuri”.
Le richieste dei gestori
I gestori chiedono al governo un fondo dedicato per coprire i costi del servizio e gli investimenti in innovazione. La nuova richiesta è di 50 milioni di euro da ripartire, una cifra – assicurano – di gran lunga inferiore ai risparmi per lo Stato e le Pubbliche amministrazioni. Inoltre, vogliono essere coinvolti nella strategia del governo per il futuro dell’identità digitale in Italia. A preoccupare i gestori è la proposta di creare un sistema unico in cui far confluire Spid e carta di identità elettronica (Cie).
A tal proposito, infatti, il sottosegretario all’Innovazione Butti lo scorso dicembre, in una lettera al Corriere, aveva assicurato: “Non vogliamo eliminare l’identità digitale, ma averne solamente una, nazionale e gestita dallo Stato, come quella che gli italiani portano nel loro portafogli dal 1931”, allo scopo di semplificare la vita digitale dei cittadini, aumentare la sicurezza, rendere più accessibili i servizi digitali e, infine, risparmiare “perché Spid ha un costo per lo Stato”.
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5 risposte su “Spid, convenzioni in scadenza: cosa succederà?”
Come al solito in Italia quando c’è un servizio che funziona guarda caso si fa del tutto per eliminarlo
Cosa ho detto di così grave?
SPERO CHE TUTTO RIMANGA COSI’ COM’E’ ADESSO . LE PERSONE ANZIANE COMINCIANO ADESSO A CAPIRE COME SI PUO’ USARE SPID. APPORTARE ULTERIORI NOVITA’ SAREBBE VERAMENTE DESTABILIZZANTE PER LORO E CHI VI SCRIVE E’ UN 74ENNE.
Ecco dove ci ha portato la mania dell’informatica a tutti i livelli. Ho lo SPID da una vita e lo uso senza difficoltà. Quello che contesto è la soppressione di tutti i meccanismi di funzionamento che lo hanno preceduto ed il fanatismo per questo genere di strumenti che, come si vede, ha più effetti negativi che benefici.
MI AUGURO CHE SI ARRIVI A UN ACCORDO, CHE RIMANGA TUTTO COME ORA, CONSULTARE TUTTI I SERVIZI USANDO LO SPID E’ FACILE E COMODO.